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Il Suino Nero di Calabria

Nella Statistica murattiana, compilata nel 1811, si legge che nella Calabria Citeriore "L'industria dé neri è mantenuta dà villici anche i più miseri, e per ragion di negozio, e pel provvedimento della sugna necessaria al condimento dé loro cibi giornalieri". Più avanti si sottolinea come la diffusione di questi animali fosse cosi capillare e necessaria dal punto di vista economico, da essere diffusa fin dentro le case: "abitazioni … ristrette e poco ventilate … albergano volentieri polli, animali di bassa corte ed anche i neri".

Che cosa erano mai questi "neri", cosi indispensabili, di cui si parla e che la Statistica nomina più volte? Animali col mantello nero con le setole ispide e le grandi orecchie pendenti sugli occhi su un profilo nasale rettilineo e una testa conica. Animali che pascevano liberi e indisturbati per le strade dei paesi di Calabria e che costituivano uno dei capisaldi dell'economia domestica. Animali cosi familiari, cosi facilmente individuabili da rendere superfluo persino l'uso del Sostantivo: suino, maiale o più facilmente porco. Animali che nella metà degli anni Settanta del Secolo scorso hanno rischiato l'estinzione per via di un'utilitaristica corsa alla facilità di allevamento seriale, alla velocità di accrescimento, alla resa quantitativa a discapito della qualità.

Il maiale, diretto discendente del cinghiale, nasce nero e viene da subito individuato come animale da sacrificio.
La varietà calabrese è di incerta provenienza. Sembra però che derivi dal ceppo pugliese, assai diffuso in tutto il meridione, che a sua volta deriva dal suino Casertano. Il maiale nero di Calabria dà il meglio di sé se ne assecondano predisposizioni e abitudini alimentari. Non è un animale da batteria, anche perché in quel caso la resa sarebbe di gran lunga inferiore al suino "rosa" e quindi poco conveniente a livello industriale.

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